LA CRITICA



Marco Josto. L’Arte che avvolge il sussurro del tempo

di Antonella Iozzo





Nuit


Marco Josto Agus, una meteora nel mondo dell’arte, sfuggente, intensa, incandescente. Nasce a Roma nel 1978, frequenta l’Accademia romana di Belle Arti, vive, crea, intuisce, percepisce, indaga, sotto la lente del “pensiero visivo”, le idiosincrasie e le empatie del suo tempo, presente anteriore negli intimi legami con il passato, con la storia, con l’ “io”, con la coscienza dell’Arte. Sulla superficie della quotidianità dilaga un arcipelago di tensioni emotive, sussurrati da Josto nella voce infinitamente eterea della pittura, nel movimento del mare, nell’interiore sommerso.
La sua Arte è un dialogo silenzioso quanto una melodia dirompente “scritta” per un quartetto d’eccezione: l’aria, l’acqua, la terra, il fuoco. L’immagine sottile dell’aria si tramuta in una carezza del disegno, diviene liquidità sonora nelle velature degli acquarelli, e si ricompone poi in materica consistenza negli oli, richiamo alla terra, forza, plasmata in labili frammenti fissati dai pastelli. Passando da una tecnica all’altra, da un disegno ad un acquarello, da un pastello ad un olio, Marco Josto traccia la scenografia di un’opera nel preludio della prima esecuzione, dove gli occhi della luna incontrano la notte dell’anima e ne avvolgono il mistero
Per l’artista la realtà è una presenza, un’ascesi spirituale nel vuoto della tela, spazio fisico, mentale e psichico sul quale e nel quale danzano i suoi riflessi incondizionati, mentre il pensiero assume la valenza di una trascrizione poetica tra le corde dell’intimo sentire. Una ricerca oltre il tempo, anzi sospesa nell’atemporalità del flusso vitale che attraversa, squarcia e permane nelle ferite sgocciolanti l’essenza del ricordo nell’emersione del contemporaneo.
Spazio, forma e materia per Josto sconfinano nell’individualità del segno e del sogno, presenze nella forza del colore. Dall’impulso interiore l’energia dei timbri cromatrici cede il passo all’informale e crea, l’olio su tela “Senza Titolo”, pure forme sature di vita. L’evocazione poetica del figurativo è affidata a blocchi di colore che come blocchi sonori compongono una partitura musicale in cui il simbolico vibra di malinconia e ci riconduce all’origine delle cose: entità sensibili intuite.

Nell’acquarello “Paesaggio” campiture piatte dilagano in una dimensione avvolgente mantenendo una certa aderenza alla forma del suono, il suo movimento interiore risulta essere, infatti, una cadenza armonica irradiata verso l’esterno ed in grado di avvicinare lo spettatore al calore/colore trattenuto dall’opera. Legami di luce, legami che ritornano e s’intrecciano in raffinate composizione, come “Nuit” o “Mare notturno a Giulianova”, dove il lirismo della visione è tensione evocativa, canto nell’ispirazione dell’infinito. Ma “Nuit” apre, anche, la strada al colorismo di Marco Josto, colore inteso come materia, come essenza implosiva di energia, elemento fondamentale dell’opera che influisce sull’emozioni, determinandone gli effetti. Il linguaggio del colore esprime il movimento e la stasi della vita interiore, il tumulto dell’esistenza, il cui sentimento può essere appreso e vissuto soltanto nel colore.
Velatura dopo velatura la fluidità del colore restituisce alla bellezza estetica di Josto, la trasparenza del gesto. Sono tracce di sentimenti, di sensazioni riprese nell’inafferrabilità del momento.



Un acquarello, un “Senza titolo” generico, una negazione ad individuare nel titolo il referente soggettivo del quadro, ci porta immancabilmente nel cuore dell’opera, dove è racchiusa l’essenza del mondo interiore, di quel sentire la profondità dell’essere penetrare nella natura per riaffiorare poi, in perlacei riflessi sulla superficie dell’acqua.
La ricerca di Marco Josto è un continuo sostare, scavare, perlustrare tra le fibre dell’Arte, creando, così, immagini che sono il corrispettivo poetico della realtà. Riesce a racchiudere il mondo nella semplicità delle nature morte, ecco allora che nei suoi lavori il respiro dell’intuizione è una leggerezza sensoriale che supera il confine tra figurazione ed astrattismo a favore di ciò che vive sulla tela, e nell’opera. Il lavoro “La sedia”, in effetti, vive tutta la gamma emozionale, ed intuitiva di un mondo appartenuto all’artista e che ora riaffiora lentamente dall’oggetto ritratto, comunicandoci la sua stessa essenza, il suo essere in sé nell’opera stessa e il suo essere dentro l’atto creativo di Josto.
Per Marco Josto l’emozione dipinta è un incontro con la storia dell’Arte nei nomi di Van Gogh e Munch, maestri esplorati fin dentro l’inconscio per poterne esaltarne il valore. Sono omaggi che risentono di una corrispondenza dei sensi nell’evoluzione del pensiero depositato successivamente nell’interpretazione dell’“omaggio a Van Gogh Camera da letto Arles 1888” o in opere quali “Iris da Van Gogh”, o ancora “Campo di grano con cipresso” e “Campo di fiori con 2 girasoli”. Ma d’un tratto questo incantesimo viene assorbito dalla “Solitudine ”, stato dilagante, divorante, è una spirale che risucchia la vitalità alienando il protagonista in territori altri, dove frammenti d’umanità vagano in cerca di un’anima: nuvola su cui risposare, su cui adagiare l’inquietudine, la consunzione di un ricordo, il silenzio assordante del dolore lacerato dalla voce muta di Munch e ricomposto dalla voce immobile di Josto.


Solitudine

L’espressività del tratto è una costante nella scrittura dell’inconscio, linguaggio a metà fra forma e idee che emerge nel momento magico in cui la mano segue l’ispirazione tracciando la fisionomica dell’anima di Josto, sensibilità straripante razionalizzata nel tratto incisivo del disegno. Poche sfumature e chiaroscuri modulati raccontano la brevità di un giorno raccolta dal tempo ed elaborata come vissuto, quasi un prolungamento del reale, che nel disegno trova la lucidità riflessiva del gesto.
Non vi è trasformazione in Marco Josto, quanto piuttosto un’evoluzione della sua poetica, sempre protesa in avanti, sempre pronta a cogliere il flusso in divenire dell’impressioni. L’esistenza risulta, di conseguenza, piegata da un ritmo interiore che ne scandisce la linea ondulata del desiderio, nella serie dei “Nudi”. Un desiderio trattenuto, spento, irretito in corpi privi di seduzione in attesa che un sole scaldi il gelido tocco della solitudine, compagna fedele d’interminabili istanti ingabbiati nell’indifferenza più amara. La malinconia scivola nel tratto intenso e netto ma pericolosamente incline alle allusive curve dell’intimità.
Nelle piegature di una vita che se ne va, la forma della sofferenza diviene luce nel movimento della verità dipinta. Una prospettiva nella quale Marco Josto riesce ancora oggi, a condensare estratti d’emozioni, una danza alla luna scossa dal vento della memoria. Il suo atto creativo è stato ed è una sinfonia di bianchi limpidi e tersi, una primavera della pittura ricomposta dal tempo in paesaggi sonori udibili con l’anima, ascoltarli è un’esperienza pura che prescinde dal valore assoluto per cogliere l’invisibile dietro i limiti del visibile, un orizzonte tra la vita e la morte, una musica infinita, una partitura di suoni e colori nata da Marco Josto ed interpretata dall’istinto creativo nella sua essenza primordiale, al di là solo l’essenza del tempo, al di qua solo la dimensione spaziale di un attimo fermo nell’eternità dell’Arte.


Lunedì 21 gennaio 2008
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La grafia dell’anima, la poesia di Marco Josto Agus

Un ponte di luce tra il movimento del tempo e l’atemporalità del momento. La musa di questa poesia è un complesso di pulsioni che si lascia percepire ed intuire. La fusione dei diversi toni è quasi una fantasia romantica.

di Antonella Iozzo


Donna che legge sulla nave
La retrospettiva delle sensazioni è un Notturno di Chopin che scivola lentamente sottopelle, abbandona il corpo e rivive nella metamorfosi della parola in emozioni, è un balenio negli occhi dell’anima, uno scintillio rapito al palpito, al fremito della scrittura di Marco Josto Agus.
La poesia di Marco Josto è una scultura sonora vibrante di tensione emotiva, è Arte che esprime se stessa, è sostanza liberata dalla forma e restituita all’attimo primigenio della creazione, alla pura ispirazione prima ancora che sia investita dal pensiero. E’ una poesia che non cerca la logica della costruzione verbale, l’interpunzione, la rima baciata, ma trova, nella materia viva, il senso dell’evoluzione strutturale.
Un ponte di luce tra il movimento del tempo e l’atemporalità del momento conduce Marco Josto verso la percezione di ciò che non è analizzabile, scomponibile, traducibile, perchè vive nella trasparenza di un linguaggio in cui permane il simbolo iridescente della musica interiore: la sua caratteristica è l’espressività e non l’espressione, un‘estensione del punto fermo che la grafia dell’anima traduce nel silenzio del segno, elegante e leggero ricama intimi pensieri, sono parole fluttuanti in una spazialità verticale sospesa nell’ordine caotico del disordine mentale.
L’astrazione della forma letteraria di Marco Josto è una costante nella linearità del suo stile, uno stile a tratti evocativo, a tratti fluente verso spiagge assolate, a tratti tenebroso e umbratile, ma sempre, perennemente in transito, verso approdi lontani, verso o nell’infinito negato.
Tutto in Marco Josto porta al suo essere interiore, ogni sua espressione artistica è la somma delle sue esperienze, il suo diario lirico ed intellettuale, le sue speranze e le sue delusioni, una profondità poetica rivestita dalla leggerezza del respiro e dalla libertà di esistere in quanto tale, questo è il significato intrinseco, il senso ultimo, la radice dalla quale nasce la sua poesia.
E se nella realtà della tela Marco Josto, crea un’altra realtà fatta di materia, forme e colori, nella realtà spirituale della poesia crea i colori dell’armonia, un perfetto equilibrio fra l’impulso soggettivo e l’oggettivo poetico, fra emozione e parole, fra “Colori complementari ” e “Colori, forti o smorti bagliori... ” .

Nell’immagine notturna della superficie della ragione, la fredda razionalità incontra la grazia limpida del sussurro poetico, e la semplice apparenza della composizione rivela intrecci complessi in movimenti sotterranei, è lo stesso Marco Josto a condurci in questi dedali proiettati in direzioni diverse, ma tutte, comunque, riescono ad afferrare verità nascoste, sublimi ed atroci, che continuano ad agitarsi nella calma apparente del cielo, liquidità sonora percepita quando l’occhio si posa sulla pagina e la lettura diviene rivelazione che piega la tensione cerebrale, dietro, un’anima inquieta si placa, ma lascia traccia del suo tormento nella bellezza struggente dell’esistenza.
Nello scorrere sincopato, cadenzato, o ritmato dei versi, gli uomini e le cose ci appaiono come fiammelle erranti nella danza delle stagioni, e quando il loro avvicendarsi non coincide con la nostra stagione un‘implosione, un “L'abisso azzurro...” sosta al di là della soglia, “Cercasti con lo sguardo…” e il nostro Io ci appare come l’illusione di un sogno, confine labile, linea d’acqua, soffio impercettibile di vento, accordo mancato nella dinamica dei sentimenti.
Nella poesia di Marco Josto, l’elemento poetico, drammatico, leggero o riflessivo si dilata nella minuziosa evocazione dell’essenziale, infatti, segue il flusso della vita, è un racconto in versi che esprime, senza residui, l’essenza del vivere attraverso la forza della verità. La fusione dei diversi toni è una fantasia romantica riveduta in chiave contemporanea, quasi un ritratto poetico proiettato nel mondo circostante, per affrontare l’esperienza sensoriale in rapporto al proprio essere uomo e artista.
L’opera del poeta Marco Josto Agus riflette, come uno specchio, le visioni che la sua sensibilità riesce a produrre, un tracciato nella memoria dei suoi gesti preservati come parole dette che si interrogano, come parole scritte che si guardano, come anime che si cercano.
Alcuni temi si rincorrono sull’epidermide della poesia mentre la sua energia creativa diviene Arte tra la voce della natura. Parole taglienti, simili a pietre levigate dal fiume, si depositano sul fondale di un pensiero dagli accenti lirici, e la nostra condizione orizzontale s’innalza nella verticalità della forma scultorea, è questo il momento poetico: l’informe dell’acqua vitale nella forma dell’essere. Identità e corpo evaporano nell’idea e l’impronta del contatto si manifesta nella relazione tra l’analisi interiore e il mondo esterno: amplesso della poesia. È un dialogo, quello di Marco Josto, con la stessa valenza poetica nello spazio della luce, nella ricerca di uno sguardo, nella solenne bellezza dell’Arte, raccontata dai silenzi racchiusi nella parola percepita, intuita, velata, dipinta sul soffitto del mondo.
La musicalità del suo verso riflette e accoglie il mistero dell’esistenza, lasciando a parole cariche di materia spessa, il compito di guidarci verso la comprensione e la conoscenza, una splendida bufera, una tempesta che squarcia il cielo, con lampi di ragione e fulmini emozionali, una pioggia insistente di pulviscolo cosmico, tutto e niente, mentre l’immenso risplende in un’intensa sinfonia di bianchi.
Poesia, impressioni visive in improvvisazioni sonore alle quali la pittura affida la sua anima. Una dichiarazione d’amore d’incredibile audacia metaforica, tutta sorretta dal colore, un “Rosso rovente che scaldi la tela...”, che insegue il proprio moto ondoso fino ai margini estremi del segno. Un luogo, inesistente fisicamente, in cui il passato viene ingoiato, solo la parola rimane per tradurci in voce l’universo pietrificato, le lacrime asciutte di un occhio muto, le foglie lacerate dal tempo, è l’unica voce possibile, è la voce della poesia, cellula interna, ancora viva e capace di rigenerarsi.
La musa di questa poesia è un complesso di pulsioni che si lascia percepire ed intuire, forse decomporre e descrivere, ma resta nella sostanza ultima, insondabile. “Anima che lenta…” è l’inspiegabile risultato intriso di sensi e sentimenti che si unisce all’informe astrazione letteraria, “ Crescono i giorni e passano lenti... ” nella voce del tempo non vissuto dal poeta ma vivibile dai suoi lettori.


sabato, 23 febbraio 2008
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Nuit (olio a spatola), Senza titolo (acquerello), Solitudine ( pastello), Donna che legge sulla nave (disegno) sono opere realizzate da Marco Josto Agus
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